progettareperlepersone - tecniche e strumenti dello user-centred design
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lo user-centred design non persegue soluzioni totalizzanti e definitive, bensì un continuo miglioramento che si basa sui dati forniti dall’osservazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di stefano (del 05/11/2014 @ 14:34:23, in Eventi, linkato 4094 volte)
Presentiamo il nostro intervento al Worl Usability Day 2014 che si svolgerà a Roma il prossimo 13 novembre. L’argomento che tratteremo sono i test di usabilità sui prototipi cartacei e la loro importanza nell’ambito della progettazione human-centred. Tratteremo l’argomento con un taglio molto pratico, con video di esempio e indicazioni per il set-up del laboratorio.

Trovate tutte le informazioni all’indirizzo http://www.nois3.it/wud/


WUD2014
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Di stefano (del 08/05/2014 @ 14:37:35, in Risorse, linkato 4100 volte)
Questo video è stato ideato per gli studenti del nostro corso di User experience e Web design alla RUFA. Quest'anno è stato utilizzato alla fine del corso, per sintetizzare il lavoro svolto durante l'anno.

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Di stefano (del 30/01/2014 @ 10:17:40, in Risorse, linkato 4585 volte)
Slide del workshop per il Roma UXBookClub. La ricerca con le persone: pianificazione ed esecuzione.


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Di stefano (del 04/06/2013 @ 10:00:57, in Idee, linkato 3855 volte)
usertest/lab, il network italiano per la user research, ha svolto una ricerca in collaborazione con UX Fellows per indagare in che modo le persone di diverse culture usano spontaneamente i gesti per controllare un televisore e altre tipologie di prodotti elettronici di largo consumo. La ricerca è stata svolta in 18 paesi è ha coinvolto in totale 360 persone.

Contesto della ricerca
I comandi gestuali permettono alle persone di interagire con i device/dispositivi in modo molto più spontaneo. Console di video giochi come Xbox Kinect, così come le smart TV e alcuni smartphone, già usano questa modalità di interazione. Il primo passo, quasi naturale, è l'utilizzo dei pointing gesture in cui un dito o una mano prende il posto del mouse. La semantic gesture porta l'interazione su un'altro piano, ancora più avanti; qui il movimento di una mano può essere utilizzato per veicolare un messaggio riconoscibile.



Un gesto della mano, che in una cultura può stare per un gesto benevolo di uso quotidiano, può invece significare un minaccioso insulto in un’altra. Se le TV riescono a registrare la gestualità semantica, saranno in grado di capire le persone indipendentemente dal loro paese di origine?

Risultati dell’indagine
Molti gesti di uso quotidiano cambiano enormemente tra le diverse culture. In ogni caso, alcuni inneschi comunicativi sono gli stessi in tutto il mondo. Così i gesti per “ti chiamerò” oppure “ti spedirò una mail” sono quasi identici in tutte le culture nelle quali gli individui usano agevolmente la tecnologia.

Questo vale, in maniera molto simile, anche riguardo le TV. “È stato sorprendente scoprire come gestualità usate spontaneamente per le funzioni base mentre si guarda la TV – come regolare il volume, cambiare canale, mettere in pausa o mandare avanti un film – sono estremamente simili in tutto il mondo. Le persone sembrano possedere nella mente qualcosa sulla falsariga di un linguaggio dei segni universale e basilare per l’elettronica di intrattenimento”, afferma Michael Wörmann, Managing Director di Facit Digital, il partner dal quale è partita la proposta di indagine. I movimenti della mano utilizzati derivano chiaramente dai gesti quotidiani, ma anche da metafore di interazione con i computer o con device touchscreen.



D’altro canto, nel caso di funzioni più complesse, come aprire una guida Tv elettronica o condividere il programma che si sta guardando per mezzo di un social media, emergono consistenti differenze tra le culture. In ogni caso, le persone hanno molte idee creative per accedere a queste funzioni con semplici movimenti della mano. “È interessante che non sia stato riscontrato nessun comportamento gestuale consistente tra i diversi paesi. Nel caso di prodotti di aziende multinazionali, questo significa che ricerche a livello nazionale sono indispensabili per assicurare l’accettazione (dei prodotti)”, spiega Christian Bopp, Managing Partner of Facit Digital. L’interazione spontanea con un dispositivo elettronico è infatti percepita diversamente a seconda dei paesi: mentre Francesi e Cinesi non sembrano avere problemi di sorta nell’inventare gestualità, Britannici e Coreani trovano la comunicazione non verbale più difficile.

L’idea di far gestire alle persone i prodotti elettronici attraverso i gesti è stata accolta con entusiasmo nei paesi di tutto il mondo. Perché questo possa svolgersi correttamente in termini tecnici è comunque necessario basare ognuno di questi sistemi sul modo più spontaneo che gli individui usano per comunicare. I fattori culturali devono essere presi in considerazione paese per paese.

I risultati della ricerca saranno presentati EuroITV a Como alla fine di giugno e a EuroIA a Edimburgo alla fine di settembre.

Il report completo è scaricabile all'indirizzo http://www.uxfellows.com/gesture.php

Cos'è UX Fellows
UX Fellows è un network mondiale per la user research e la user experience. Attualmente è composto da 23 partner che conducono ricerche di usabilità e UX in oltre 30 mercati, sia sviluppati che emergenti. Processi e standard di qualità condivisi sono garanzia di una user research realizzata professionalmente ed efficientemente in tutto il mondo. Tutti i partner sono tra i massimi fornitori di user research nei mercati del loro paese, fornendo competenza nella cultura digitale locale che sta diventando sempre più importante nel mercato globale.
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Di stefano (del 17/05/2012 @ 10:55:20, in Risorse, linkato 5565 volte)
Pubblichiamo il paper del talk L’approccio user-centred nel restyling di un applicativo gestionale web based: il caso EuCliD presentato da Fabiana Baldinelli e Stefano Dominici al Sesto IA Summit, che descrive con maggiori dettagli il caso di studio. Buona lettura. #iias12

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Di stefano (del 05/03/2012 @ 09:25:02, in Eventi, linkato 5184 volte)
L’AIAP, Associazione Italiana Design della Comunicazione Visiva, con il nuovo statuto e il nuovo regolamento apre le porte ai professionisti del design digitale. Il nuovo articolo riguardante l’Elenco Professionale Aiap, che regola l'ammissione dei soci, ora include, tra le nuove professionalità, anche interface designer, web designer, information designer, user experience designer e way fynding designer.

Una svolta epocale per un’associazione, ancora oggi percepita lontana dal mondo delle professioni associate al design digitale. Per dare concretezza a questo nuovo corso, l’AIAP organizza un ciclo di workshop dedicati alla user experience, alle interfacce per i dispositivi mobili e all’e-publishing.

La realizzazione pratica dei workshop è stata affidata a Letizia Bollini e Stefano Dominici, entrambi soci Aiap da molti anni. Qui di seguito i dettagli dei workshop previsti, per ora, solo a Milano.

Sabato 31 marzo 2012
INTRODUZIONE ALLA USER EXPERIENCE
con Stefano Dominici, usertest/lab

Sabato 21 aprile 2012
INTERFACCE GRAFICHE PER MOBILE E TABLET: PROGETTAZIONE E VALUTAZIONE
con Letizia Bollini, extrasmall e Stefano Dominici, usertest/lab

Sabato 12 maggio 2012
DIGITAL PUBLISHING PER GLI E-BOOK READER E PER I TABLET Workshop
con Letizia Bollini, extrasmall

Costo dei workshop
(cad.) 100 euro + IVA (21%) per soci AIAP e studenti
(cad.) 250 euro + IVA (21%) NON soci

Iscrizioni | Workshop Aiap User Experience & ePublishing

Con il patrocinio di:
- Dipartimento di Psicologia dell'Università di Milano-Bicocca
- Polidesign
- Scuola del Design del Politecnico di Milano
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Di stefano (del 20/02/2012 @ 08:17:21, in Analisi, linkato 5092 volte)
Questo fine settimana sono stato a un meeting di una grande agenzia di comunicazione visiva a parlare di user experience. Per due giorni ho seguito i loro interventi su brand, reputazione online, pubblicità e di molto altro. Ma in ogni presentazione e in ogni caso di studio non c’era traccia dei destinatari di tutte le attività comunicative: le persone. Ne come punto di partenza ne come punto di arrivo. Solo in una slide si è intravisto un accenno di focus group passivo, dove i partecipanti si limitavano a dire mi piace/non mi piace.

Sono stato l’ultimo a intervenire e ho spiegato c’osé la user experience e perché è importante. Per rinforzare questo aspetto ho raccontando alcune storie reali. Il mio obiettivo era quello di evidenziare che se non curi tutti i canali di comunicazione, soprattutto quelli che le persone utilizzano per interagire con l’azienda, non servirà a nulla progettare sapientemente una brand identity, sviluppare una campagna pubblicitaria che fa incetta di premi, curare la reputazione online con certosina dedizione. Perché è cambiato il mondo, e se prima la comunicazione chiedeva sporadicamente il supporto dell’interazione ora è l’interazione il veicolo principale della comunicazione.

Dopo di me ha parlato il presidente dell’agenzia e qui c’è stato il colpo di scena. Il concetto che avevo espresso poca prima e veicolato in modo molto garbato è stato esplicitato in modo chiaro, quasi brutale direi: o ci adeguiamo o moriamo, perche il mondo intorno a noi è cambiato e noi siamo rimasti fermi. Questo, aggiungo io, è valido anche per molte aziende che non si occupano di comunicazione.

Avevo già incontrato, nel 2008, alcune persone di quest’agenzia, per presentare i servizi di usertest/lab e spiegare loro che progettare correttamente la user experience è importante per la brand identity e la reputazione online. Mi fu detto che loro lavoravano su un altro livello e che l’approccio user-centered non gli interessava.

Ora dovranno inseguire e non sarà facile. Perché quando si passano tanti anni di fronte allo specchio dei desideri a tirare fuori centinaia di pietre filosofali, non una come Harry Potter, poi è difficile coprirlo e chiudere la stanza a doppia mandata. Quelle pietre che trasformavano tutto in oro ora sono zavorra. Ci vuole un cambio di mentalità notevole per uscire fuori, tra le persone alle quali non frega nulla del tuo lavoro, prese come sono dalle necessità contingenti e a perseguire i loro sogni e progettare per loro. Senza contare la difficoltà di convincere aziende alle quali hai proposto fino a ora un modello di comunicazione e spiegargli che quel modello è superato e che progettare per i loro clienti è molto più importante che vincere premi.
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Di stefano (del 18/11/2011 @ 16:30:13, in Idee, linkato 5341 volte)
Capita assai spesso che dopo aver aver proposto a un cliente una o più attività di ricerca nelle quali sono coinvolte persone reali, lui chieda: "Ma non è un po' riduttivo chiedere agli utenti quello che vogliono o cosa pensano del nostro prodotto?" A parte la repulsione che provo a sentire la parola "utenti", ogni volta mi tocca spiegare, precisare, ecc. Così ho messo a punto un cappello introduttivo, che recito come un mantra prima di iniziare a illustrare le attività di progetto e che riporto qui di seguito.

Il nostro lavoro coinvolgerà i vostri clienti/dipendenti/cittadini.

Noi, però, non chiederemo loro di dirci quello che vogliono.
Se necessario, ci immergeremo nel loro mondo
per comprendere in che modo lavorano, come fanno le cose,
le loro capacità e quello che li circonda.

Inoltre, quando sarà il momento, gli chiederemo di lavorare con noi
per sviluppare un prodotto che risponda alle loro aspettative.

Infine, non gli chiederemo di dare un'opinione su quello che è stato prodotto.
Nel luogo più opportuno, gli chiederemo di utilizzarlo e li osserveremo
per comprendere se è adatto alle loro capacità e necessità.
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Di stefano (del 16/05/2011 @ 08:12:16, in Recensioni, linkato 7146 volte)

Il libro che vi presento è un manuale sintetico, scritto in un linguaggio chiaro e comprensibile, che si legge tutto d'un fiato, come un romanzo. L’autore, Francesco Ronzon - docente di Antropologia culturale presso il Politecnico di Milano - riesce, in poco più di 130 a pagine, a fornire una panoramica esauriente sulla ricerca etnografica.

Dalla storia alle tecniche, dal lavoro di ricerca a quello di analisi, fino alla divulgazione dei risultati, tutto viene descritto in dettaglio e con esempi pratici. Una lettura, inoltre, che offre molti spunti per riflessioni e suggerimenti e porta all’inserimento di una pletora di post-it, come si può vedere nella foto, a segnalare le parti più interessanti.

Sul campo - Breve guida alla ricerca etnografica
Dalle Conclusioni riporto un passaggio che, a mio parere, sintetizza l’essenza della ricerca etnografica: “Anche se “sporco”, il lavoro etnografico presenta, infatti, vari punti di forza: aiuta a rilevare aspetti “invisibili” ai metodi di ricerca quantitativi; permette di porre domande di ricerca nuove, compensando ciò che si perde in linearità e pulizia operazionale con una maggiore densità e profondità analitico-interpretative; costringe, infine, il ricercatore a riflettere costantemente sul processo di ricerca, valutando di volta in volta l’appropriatezza dei metodi, delle categorie e delle teorie rispetto ai dati”.




Scheda riepilogativa
Titolo: Sul campo - Breve guida alla ricerca etnografica
Autore: Francesco Ronzon
Editore: Meltemi
Data di pubblicazione: 2008
Pagine: 143
Prezzo: 13,00 euro

Indice
Introduzione
Capitolo primo - L’etnografia
Capitolo secondo - Il lavoro di ricerca
Capitolo terzo - Le tecniche di indagine
Capitolo quarto - L’analisi dei dati
Capitolo quinto - La scrittura e la valutazione
Conclusioni
Letture consigliate
Bibliografia

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Di stefano (del 09/05/2011 @ 16:07:42, in Analisi, linkato 7499 volte)
Di ritorno da Milano, dove ho partecipato a una splendida edizione dell’Italian IA Summit, voglio condividere l’inquietudine nata da un talk sull’ubiquitous computing, ovvero sull’interconnessione tra il mondo reale e quello digitale attraverso oggetti - smartphone, RFId, ecc. - che comunicano tra di loro.

Un brivido anticipatore l’ho provato quando Nicola Palmarini (IBM) ha parlato di “oggetti che comunicano tra di loro al di fuori della nostra volontà”. Poi, con esempi reali - una panoramica molto veloce - ha descritto oggetti che comunicano il livello di stress di una persona, applicazioni che permettono di monitorare le persone dall’esterno delle loro case e altre cose simili. Tutto molto bello, un mondo ideale illuminato dal sol dell’avvenire digitale.

Ma quel brivido è divenuto vera e propria inquietudine quando, alla fine dell’intervento, ho chiesto se tutta questa tecnologia pervasiva poteva portare a sviluppare strumenti di controllo sociale e personale. La sua risposta è stata che dipendeva soprattutto da noi, perché in prima persona forniamo coscientemente e volutamente informazioni sul quando, dove, come e cosa facciamo.

Questo mi inquieta perché non è vero. Dare la responsabilità al singolo individuo per quello che potranno fare potere politico ed economico con l’utilizzo di queste tecnologie è voler chiudere gli occhi sul mondo in cui viviamo. Sarà che ho letto troppo fantascienza nella quale l’uomo non è padrone del suo destino - Dick e Ballard in particolare - ma io posso fare ben poco per difendermi. Posso, come in effetti faccio, evitare di lasciare tracce della mia vita quotidiana sui social network generalisti e fare a meno delle carte fedeltà, ma non posso evitare che altri, a mia insaputa, possano farlo (per esempio pubblicando una mia foto su Facebook o su Flickr). Ma qui non voglio analizzare questioni di privacy, di etica e quant'altro. Quello che voglio sono strumenti di difesa, protocolli e oggetti che mi permettano di combattere l’uso distorto che verrà fatto di queste tecnologie.

Questa è la mia modesta lista dei desideri:
- uno strumento che mi permetta di individuare gli RFId, sapere che
- informazioni raccolgono, per conto di chi e di poterli neutralizzare;
- uno strumento che impedisca la scansione remota degli oggetti digitali
- di mia proprietà;
- uno strumento che mi permetta di non restare prigioniero di una rete digitale;
- uno strumento che mi permetta di mappare sul territorio gli oggetti destinati
- al monitoraggio dei device mobili.

Non mi sembra di chiedere troppo e, se qualcosa già esiste, avvisatemi.
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